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Rocco Chinnici. L’illegalità protetta

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Rocco Chinnici - L’illegalità protetta. Le parole e le intuizioni del magistrato che credeva nei giovani, edizione cartacea in italiano


autore: Rocco Chinnici
a cura di: Fondazione Rocco Chinnici
contributi: Antonio Balsamo, Attilio Bolzoni, Giulio Borrelli, Caterina Chinnici, Giovanni Chinnici, Donato Di Trapani, Antonio La Spina, Francesco Petruzzella, Lillo Venezia

formato
: 12 x 17 cm
tipologia: saggio
lingua: italiano
legatura: brossura filo refe
pagine: 220
ISBN: 9788898741342

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Uno per uno ci scelse: noi magistrati che solo dopo la sua morte avremmo costituito il così detto «pool antimafia».
Paolo Borsellino, Prefazione, dicembre 1989.

A ventisette anni dalla prima edizione (La Zisa, Palermo 1990), torna su carta L’illegalità protetta, l’unica raccolta di scritti di Rocco Chinnici (1925-1983). Il volume, che contiene la preziosa prefazione di Paolo Borsellino – una delle pagine più belle e significative mai scritte sul giudice Chinnici –, è incentrato sui temi della criminalità mafiosa, del contrabbando della droga e del suo impatto socio-economico, e sull’importanza del coinvolgimento dei giovani per la nascita di una cultura della legalità. Nuovi contributi approfondiscono la figura di colui che, dopo l’assassinio di Cesare Terranova, divenne il capo dell’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo in un momento chiave della storia della lotta alla mafia.
Un testo fondamentale per conoscere il metodo innovativo di Rocco Chinnici, il primo magistrato moderno, il primo ad aver capito che la lotta alla mafia si fa insieme.

Rocco Chinnici (Misilmeri, 1925 – Palermo, 1983) è considerato uno degli eroi italiani della lotta alla criminalità mafiosa. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, viene assegnato al Tribunale di Trapani come uditore giudiziario. Nel 1966 è trasferito a Palermo come giudice istruttore. Nel 1975 è magistrato di Corte d’Appello e consigliere istruttore aggiunto al Tribunale di Palermo. Nominato magistrato di Cassazione, nel 1979, dopo l’uccisione del giudice Cesare Terranova, diviene capo dell’Ufficio istruzione. Chinnici intuisce l’importanza della condivisione delle informazioni e del lavoro di squadra: raccoglie intorno a sé un gruppo qualificato di magistrati (Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello) dando vita a quello che successivamente verrà chiamato «pool antimafia». Dopo aver firmato l’arresto del capomafia Michele Greco e aver indagato sugli «intoccabili» esattori Antonino e Ignazio Salvo, muore la mattina del 29 luglio 1983 a causa dell’esplosione di un’auto-bomba in via Pipitone Federico, a Palermo. Nell’attentato perdono la vita anche i due agenti della scorta, Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile in cui viveva, Stefano Li Sacchi. Il giorno dopo i giornali titolano: «Palermo come Beirut».

In copertina: Daniela Nancy Granata, senza titolo, olio su tavola, 19x15 cm. Rielaborazione grafica.

Glifo Edizioni Rocco Chinnici lillegalità protetta Wide

Video di Radio Radicale della presentazione del libro (Roma, 10 dicembre 2017). Con Sergio Castellitto, Attilio Bolzoni, Francesco Petruzzella, Donato Di Trapani, Luca Lo Coco.



Rocco Chinnici (Misilmeri, 1925 – Palermo, 1983), dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, viene assegnato al Tribunale di Trapani come uditore giudiziario. Nel 1966 è trasferito a Palermo come giudice istruttore. Nel 1975 è magistrato di Corte d’Appello e consigliere istruttore aggiunto al Tribunale di Palermo. Nominato magistrato di Cassazione, nel 1979, dopo l’uccisione del giudice Cesare Terranova, diviene capo dell’Ufficio istruzione.
Chinnici intuisce l’importanza della condivisione delle informazioni e del lavoro di squadra: raccoglie intorno a sé un gruppo qualificato di magistrati (Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello) dando vita a quello che successivamente verrà chiamato «pool antimafia». Dopo aver firmato l’arresto del capomafia Michele Greco e aver indagato sugli «intoccabili» esattori Antonino e Ignazio Salvo, muore la mattina del 29 luglio 1983 a causa dell’esplosione di un’auto-bomba. Nell’attentato perdono la vita anche i due agenti della scorta, Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile in cui viveva, Stefano Li Sacchi. Il giorno dopo i giornali titolano: «Palermo come Beirut».

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